Alberi volanti cambogiani.


"Le tartarughe hanno poco sole, tagliate quell'albero" 
2 del pomeriggio, circa 35 gradi celsius, umidità del 80%. Ci accaniamo ripetutamente con una sega arrugginita, è un legno duro e la lama continua a incastrarsi.
Dopo 10 sudati minuti di lavoro grondante ci fermiamo, la lama é abbondantemente oltre la metà dell'albero. 
Spingiamo.
Non si muove
Tiriamo
Non si muove
Seghiamo ancora un po'
Nulla
L'albero affianco ci impedisce di avere accesso completo al tronco. Cominciamo a colpirlo con quella che dovrebbe essere la corrispondente di un'accetta. 
Una specie di falcetto tronco.
Strumento scomodo, inefficiente e brutto. Si è guadagnato il mio disprezzo.
Il caldo è spossante e ogni colpo è mezzo litro di sudore che se ne va', ci diamo il cambio, stiamo allargando il foro fatto dalla lama della sega, questo è l'intento, in realtà stiamo facendo segatura dato che colpiamo ovunque tranne dove sarebbe utile (ripeto, strumento inefficace)
spingiamo
niente
tiriamo
nulla
mi aggrappo all'albero
nada
mi arrampico sull'albero
nothing
scuoto il tronco con tutto il mio peso
nichts
Thor sale sull'albero.überhaupt nichts
non esiste. Insisto. Con l'attrezzo inefficace continuo a battere insistente, le braccia mi fanno male ma sono in quella trance che ti prende quando ripeti lo stesso esercizio più e più volte, come quando fai il sacco.
Thor è seduto alle mie spalle che osserva la mia immotivata devozione, aspettando che mi stanchi per darmi il cambio.
Un ultimo colpo ed è fatta
sbaglio mira
un'altro ultimo colpo ed è fatta
no, ce ne vuole un altro
ancora uno
ma sto albero dovrebbe essere già caduto da mezzora, no?
È fatta, l'inutile arnese colpisce l'ultimo striminzito pezzo di legno che tiene insieme la terra con il cielo.

L'albero
non
cade.
Ciondola appeso al cielo.

ci sediamo sconsolati coperti di ridicolo, sudore e truciolato.
osserviamo quell'albero che non ne vuole sapere di essere tagliato.

Non è così semplice essere un albero qui, non puoi pensare di crescere in verticale disinteressandoti di chi hai a fianco. Ci sono alberi che ti crescono in testa, mettendo radici sui tuoi rami. Ci sono alberi che ti crescono attorno, come serpenti costrittori. Ci sono alberi che crescono su altri alberi e passano di ramo in ramo come scimmie. Ci sono alberi con spine lunghe 10 centimetri sulla corteccia, quelli con il veleno sulle foglie, e quelli col veleno sui frutti.
E poi ci sono io, albero che se ne fotte della legge di gravità. E se mi vuoi tagliare lo devi fare sia sopra che sotto.

Il groviglio di rami e liane che sovrasta il recinto delle tartarughe (Indotestudo elongata, se lo volevate sapere) rende oscillante un albero appena tagliato.

Non è finita.
Lo tiriamo, lo torciamo, lo facciamo dondolare, girare su se stesso, oscillare, ondeggiare, saltellare ad intermittenza, lo solleviamo per farlo ricadere, mi ci appendo con tutto il mio peso, ci si appende con tutto il suo peso.
Nulla.
Nemmeno uno scricchiolio.
Thor ha un'idea:
torce l'albero e lo tira sino a fuori dal recinto:
Fortuna che passa Nak.
Nak è uno dei keeper. È alto come un ragazzino di 11 anni. Parla poco e quando lo fa ride.
Nak si appende all'albero e assieme a Thor iniziano a tirare.
Ho un video di questa scena. Lo custodisco gelosamente. Ma ve ne concedo dei fotogrammi.
Potete ben intuire come questa avventura sia finita...
continua.



Nella prossima puntata.
Scale che non scalano, ovvero, come fare le cose “alla cambogiana”