Moneyrat e lo sticazzi cosmico. Parte I


Premessa

Da dove vivo alla città piú vicina sono 59km. In macchina un oretta e qualcosa e sei a Siem reap, in tuk tuk è piú di un ora e mezza, di sbalzi buche e scomodità.
Per mangiare bisogna fare la spesa, per fare la spesa bisogna andare a Siem reap. 
Ogni 5 giorni circa qualcuno ci va per fare rifornimenti per il centro; così ci si può far comprare quello che serve oppure scroccare un passaggio.
Era questa la mia intenzione.
Alle 17.00 eravamo ancora incastrati in quarantena a fare la necropsia all'avvoltoio, così son dovuta correre al volo a casa, prender su 4 cose e senza lavarmi saltare sul pickup che era tornato apposta in dietro per me
Con Moneyrat alla guida
Non siamo nemmeno usciti dai cancelli del centro che mi accorgo di essermi scordata una cosa IMPORTANTISSIMA.
I campioni di sangue.

Moneyrat e lo sticazzi cosmico.

Appena partiti verso la città mi accorgo di aver dimenticato i campioni di sangue che andavano portati al laboratorio di analisi, impanicata lo dico a Moneyrat, che mi guarda scazzato ma non smette di guidare.
Gli chiedo se lo ha presi lui
Continua a guidare
Gli dico che dobbiamo tornare in dietro, perché è davvero importante
Mi risponde che non si può
Come se fosse un treno, non può far dietrofront.
Non ha detto non voglio, non ha detto è troppo tardi, ha detto solo "no".
Un ineluttabile infinito sticazzi.
Rimango seduta in silenzio mentre il paesaggio da giungla si fa risaia.
La veterinaria si è raccomandata di portare quei campioni, se non è oggi è tra 5 giorni.
Troppo tempo.
"Chop chop! " (stop in khmer) mi guarda perplesso, "io torno indietro, lasciami qui"
Accosta
Mi guarda
Sorrido e scendo dalla macchina
Guarda indietro la strada appena percorsa
"Sono piú di 5 km"
"Mi piace camminare"
Mi guarda con lo stesso sguardo dello sticazzi cosmico.
Prima di andare mi ricordo, che almeno mi faccia la spesa, gli do la lista di ciò che serve a me e a Thor.
Mi incammino mentre il sole scende, lungo la 67, capanne di legno e polli e bambini tra una risaia e l'altra.
Sono stanca, gli ultimi sono stati giorni lunghi e faticosi, parlare sempre in una lingua con cui non si ha confidenza è faticoso.
Mi sento vuota, quel vuoto sereno e libero che una strada tra le risaie al tramonto può dare.
Avrei voluto andare a Siem Reap, andare in ostello, fare una bella doccia senza l'ansia di finire l'acqua nella tanica o di trovare uno scorpione in bagno.
Andare a cena in un ristorante e mangiare fino a scoppiare, fritto sopratutto e forse anche carne, e poi svaligiare il supermercato degli occidentali, comprando più roba del necessario, solo per soddisfare il mio istinto a far scorte per l'inverno, che tra l'altro, qui non arriverà mai.
E invece cammino a lato di una strada sapendo di non aver le chiavi per entrare nella riserva.
Continua...