Ciò che non ho imparato

Una lingua di sabbia pallida si stende per un mezzo chilometro imbiancando la costa, che scivola pigra verso il mare limpido come il cielo dopo il temporale mattutino.
Nella sacca ho solo l'asciugamano, una boccia d'acqua, un sacchetto di biscotti sbriciolati, un mango e il libro che sto leggendo.
Oggi le ginocchia non si fermano, percorro il sentiero sterrato che passa davanti a bungalow e baracche, supero un piccolo gruppo di capre che mi concede solo l'attenzione di un orecchio, continuando a scrutare imperterrite la distesa salata con le loro pupille rettangolari.
Il sole è alto e uscita dal sentiero ombreggiato mi trovo sulla lunga spiaggia assolata, Poso la borsa e mi concedo un bagno rinfrescante.
L'acqua è calda che sembra di fare il brodo e il tempo di uscire e rimettere la camicia da spiaggia e mi sono già asciugata. Proseguo sul bagnasciuga che spesso si confonde col mare, creando ampi spazi sabbiosi modellati dalla marea. Qui milioni di creaturine operose lasciano i segni della propria presenza; innumerevoli perline di sabbia che i granchietti arrotano svuotando le proprie tane, disponendole in curiosi raggi che le circondano, almeno fino alla prossima marea.
Continuo a camminare costeggiando dapprima le palme da cocco, poi le tamerici rugose che si alternano alla bassa vegetazione di piante alofite, sino ad arrivare dove il mare e la terra sono promiscui e il suolo non è altro che una distesa cedevole al passo, costellata di conchiglie allungate i cui abitanti lasciano lunghe orme trascinandosi in questo deserto mutevole.
Qui con i loro archi e le architetture invincibili iniziano le mangrovie, principalmente Avicennia marina, capace di resistere alle maree, ai venti e al sale. Protettrice della costa espande le sue radici serpeggianti nel sottosuolo, queste riaffiorano in peduncoli che si estendono verso il cielo, come tentacoli tesi a elemosinare ossigeno.
Rocce dai profili curiosi si impongono man mano che mi avvicino alla fine della spiaggia, una distesa di pietra irregolare mi separa dalla vegetazione che risorge fitta e impenetrabile a qualche metro dal mare.
Ho letto di una baia, chiamata clear water. Le indicazioni la davano oltre questo muro verde. Costeggio il muro cercando un ingresso, un sentiero.

Una coppia di umani si sta inerpicando sulle rocce, guardano verso di me dubbiosi; quando sono a portata di voce mi chiedono con un forte accento ispanico se so come si arriva a clear water bay.
Decidiamo di arrampicarci su per quello che forse pare un sentiero fitto di foglie e radici. L'umidità ricopre la mia pelle di uno strato viscoso più consono ad una raganella che ad un procione, il sole non ci scalfisce più perchè protetti dalla volta verde, ma l'aria è pesante e il cielo tuona in lontananza, il sentiero a volte si fa stretto e coperto di foglie morte, grosse goccie di condensa si suicidano sulle nostre teste ricordandoci l'incombenza di un temporale.
Dopo una ventina di minuti di salita ci chiediamo se non siamo nel sentiero sbagliato, gli sguardi interrogativi dei due umani mi chiedono conferme che non ho.
I miei piedi nudi calcano la terra nuda e le radici nodose, millepiedi grossi come lucertole incrociano la nostra strada e passeri di un blu intenso si scambiano commenti sonori al nostro passaggio.
Lentamente la terra si fa meno inclinata e le rocce appuntite cessano di ferirci i piedi, cominciamo una lieve discesa fatta di radici fitte e grossi tronchi da scavalcare.
La vegetazione si fa meno fitta e possiamo intravvedere la luce bianca del cielo filtrare tra le foglie.
In lontananza sentiamo guaiti di cani, un odore di fuoco mi suggerisce che un'abitazione è vicina; veniamo accolti da una piccola muta di bastardini, allarmati ma non minacciosi, ci corrono in contro eccitati chiedendosi se siamo amici o nemici, ci basta stropicciare la testa ad un paio di loro per fugare ogni dubbio. Un vecchio sdentato ci viene in contro, ci scambiamo qualche convenevolo in un misto di lingue, la pelle scura ricalca ogni muscolo, sorride facendoci segno di stare attenti ai cani, che amano azzannare i polpacci.
Lo sguardo si perde nell'ampiezza della baia che abbiamo di fronte, l'acqua calma e cristallina si fonde con la spiaggia bianca a perdita d'occhio.

Saluto il vecchio, i cani e la coppia, mi allontano quel che basta per trovare la tranquillità di un albero e sedermi a fare colazione, non dopo essermi lasciata andare in quella distesa di cristalli liquidi circondata dalla brezza e dall'irresistibile fascino del silenzio.




Continua....
Ciò che non ho impatato parte seconda