Notte di alieni e Buio liquido

A volte ho bisogno solo di tagliarmi i capelli, non tutti, solo i lati, rasarli corti, più corti sono più mi sento potente.
Erano 3 giorni che non parlavo con nessuno, se non per procurarmi cibo, al massimo una birra. Meno parlavo e piú mi sembrava futile, difficile. Dimenticavo le parole, dovevo sforzarmi a interagire, parlavo sottovoce balbettando.
Potresti tagliarmi i capelli?
Una ragazza sta rasando un tipo, seduti in fronte al mare.
Attendo il mio turno soffocando il desiderio di andarmene. Dico andarmene per non dire fuggire.
Ma quando sento la macchinetta vibrare sul mio cranio, quando vedo i garbugli di capelli cadere sulle mie gambe. Cambia tutto.
Torno a respirare.
(seguito della storia "quello che non ho imparato" - Ciò che non ho imparato parte seconda)
Dopo aver camminato tutto il giorno una birra me la merito, anche 3 o 4.
Mi siedo al chiosco di legno circolare, quello a fianco al mio dormitorio di lamiera e bamboo, quello che da 3 notti non mi fa dormire perché spara musica di merda fino a notte fonda.
Sono le 7 di sera e già alla prima birra qualcuno attacca bottone; una ragazza dagli occhioni a palla e un forte accento australiano, il suo ragazzo accanto a lei è probabilmente frutto di un fumettista o di uno sceneggiatore di commedie.
È una caricatura umana.
Inglese con accento australiano sbiascicato da una mandibola che ha ceduto sotto il peso del bicchiere, sembra sbarcato da poco su questo mondo e sembra aver assunto queste sembianze dopo aver assimilato dati dalla tv inglese degli anni 70.
Comunque.
I due sono socievoli e chiacchieriamo per un paio di bicchieri di tutto e di più, lei è sguaiata e mi parla delle prestazioni sessuali di lui senza alcun pudore, e lui è ancora li a fianco.
La forma del chiosco è propedeutica alla socialità, hai visuale completa su tutti gli attendenti del bar, mentre i baristi (misto tra khmer e barang) trottolano nel centro.
Sul lato ovest abbiamo una sfilza di giovani e giovanissimi di varia nazionalità, urlano e ballano flirtando tra loro, in direzione sud ci sono 4 ragazze che sorseggiano cocktail sollevando gli occhi dagli smartphone solo quando parte una canzone piuttosto che un altra.
Il bancone ovest è il reparto geriatrico, un paio di chiaramente 50enni con le loro compari khmer e altri due forse 30enni, facce da chi d'estate bazzica ibiza ed ha scoperto che qui costa meno.
A lato nord ci sono io, l'australiana pazza e il fidanzato alieno travestito da umano. La pazza decide di andare a cena, ci diamo appuntamento più tardi con l'idea di andare a fare un bagno notturno nel plankton fluorescente.
Abbandona il compagno alieno piastrato sul bancone.
Tranquillo, ti riporto io sull'astronave madre.
Un improbabile duo di inglesi si siede vicino a me, attaccano bottone passandomi una canna; il primo grande gioco è indovinare da dove vengo.
La cosa si espande ad onda e tutta l'ala geriatrica si appassiona del gioco.
Non saprei dirvi che accento ho quando parlo inglese, è chiaro che non sono madrelingua visto che metà delle parole me le invento e che i tempi verbali sono un mistero (parlo solo al presente, vivo il momento!)
Ne sparano di assurde fino a che un ragazzone dalla faccia rotonda mi salta a fianco e mi chiede in italiano "sei italiana vé?" io scoppio a ridere, lui no. "Si sente che sei italiana" ha un accento strano, gli chiedo di dov'è e lui fiero risponde "son di londra, ma mia madre è sarda!" ecco spiegato l'accento strano!
Come è arrivato si volatilizza e rimango con l'inglese a parlare di tutto e di più, sembra sui 30 ma quando glielo chiedo risponde con il suo accento incomprensibile 42.
Faceva il cuoco in Inghilterra fino a quando ha sbroccato e ha deciso di prendersi un anno di aspettativa e levarsi dalla piovosa isola per approdare nel sud est asiatico, ci scoliamo un altro paio di bicchieri, io son passata al gin tonic che si sa è la miglior medicina antimalaria (la chinina è un antimalarico, e il gin cura ogni male).
Una voce mi chiama entusiasta "kiraaa" l'australiana è tornata più ubriaca di prima con un seguito rumoroso di biondi con pelle color peperone.
La stavo aspettando; "andiamo a fare il bagno?" lei cade dalle nuvole "eh ci sono già stata, mah guarda nulla di che, la spiaggia era piena di gente e non me la sono goduta! "
Ah.
Peccato.
Vai a spazzolare i casuari vá.
Le riconsegno l'alieno che ormai era diventato un tutt'uno con il bancone.
Lo scuoto dolcemente, questo si rianima frugando con gli occhi il cielo nero,
"Mi spiace frá, l'astronave madre passerà un altra volta..." lo saluto mentre la sua ragazza lo afferra per il bavero e lo trascina in ostello affermando "spero tu non sia troppo ubriaco. Perché ho voglia di scopare.."Sticazzi l'Australia, io il bagno lo vado a fare comunque.
Inaspettatamente il bar a mezzanotte decide di chiudere (eh certo, quando voglio dormire, pazza festa, quando voglio la festa a mezzanotte tutti a casa. Bravi, brave merde).
Guardo l'inglese che fissa incredulo i barman ripulire i banconi.
"Io vado a fare il bagno nelle cose fluorescenti.."
" non so cosa tu stia dicendo ma ti seguo"
L'ostello è a 8 metri dal mare, ma qui ci sono troppe luci, ci dirigiamo alla spiaggia isolata che ho attraversato questa mattina per raggiungere clear water bay.
Una strada sterrata tra le rocce che costeggia la riva fino ad incupirsi al di sotto delle fronde degli alberi. Stanotte è luna nuova e il cielo è di un eterno nero trafitto di stelle.
La spiaggia è affollata di voci, ombre nere che si scialaquano a una decina di metri da riva, ci allontaniamo un po' dal grumo indefinito di voci, posiamo le nostre cose sotto un albero e togliendoci i vestiti ci immergiamo.
L'acqua e calda che non la senti, ti accorgi di essere bagnato solo quando sulla pelle umida soffia la brezza. Avanzo nel buio liquido fino alle ginocchia, un luccichio attira il mio sguardo, poi un altro, scintille verdi scoppiettano al mio passaggio.
Comincio a urlare eccitata.
È un turbinio di lucciole che s'ingorga fluido attorno a me, non riesco a trattenere il mio entusiasmo, non credo ai miei occhi, mi tuffo ed il nero liquido esplode di mille lapilli fluorescenti. Ballo osservandoli illuminarsi al mio passaggio, disegnando scie cinetiche che scemano tornando oscurità.
Passato l'entusiasmo arriva lo stupore. Nuoto lenta, guardandole passarmi tra le dita, scivolarmi sulla pelle. Mi perdo ad osservarle ad occhi aperti sott'acqua, sfuocate come le luci che si allontanano scivolando nel regno di Morfeo.
Riemergo.
Solo l'ossigeno nelle mie narici e il sale sulle mie labbra mi invitano a credere di essere ancora in questo mondo; galleggio senza sforzo in un mare di buio liquido che si estende plumbeo circondandomi. La linea d'orizzonte non appartiene a questa realtà. Qui non ci sono contrasti, dicotomie, nessun cielo si scontra con la terra, nessun freddo a ricordarti il caldo nessun confine tra me e il resto.



Sono il fluido infinito che compone la galassia.


Un vociare insulso spezza il mio viaggio cosmico, torno su questa terra, su questa spiaggia.
Il grumo di voci si asciuga e lascia la spiaggia, rimaniamo solo io e l'inglese, anche lui perso tra i viaggi mistici di questo panorama senza parole.
Decidiamo di stenderci in spiaggia a fumare una canna approfittando del silenzio che ci circonda, tasto con i piedi la sabbia fine cercando di orientarmi, ritrovo a tastoni l'albero e con le dita che indugiano sabbiose tra le radici cerco la mia borsa e i mie vestiti.
Albero sbagliato, mi sposto di qualche metro frugando con gli occhi sgranati a percepire la più minima luce, altro albero stesso risultato.
Comincio ad agitarmi e lui con me.
Altro albero stesso risultato.
Nulla.
La mia borsa, i miei vestiti, i suoi vestiti. Tutto scomparso.
Ci muoviamo frenetici e cauti nel buio, i cervelli incastrati nelle mille possibilità della situazione.
Albero sbagliato.
Furto.
Smaterializzazione.
Furto.
Spiaggia sbagliata.
Furto.
Isola sbagliata.
Furto.
Sospiro.
Se solo avessi una torcia potrei controllare meglio e fugare ogni sospetto di.
Furto.
Ma la mia torcia è con i miei vestiti nel limbo tra il furto e lo smarrito ai piedi di un albero.
Lo guardo vedendolo come vede un cieco in una stanza buia.
Lui con tono incoraggiante ma scoraggiato mi dice : abbiamo sbagliato albero... Andiamo a prendere qualcosa per fare luce e torniamo a controllare.
Ci incamminiamo.
Le stelle rischiarano la spiaggia ma non trafiggono le fronde che oscurano il sentiero.
Posare i piedi cautamente tra le rocce, lo sento imprecare e allungo la mia mano a prendere la sua. Non vede una ceppa. Io vedo abbastanza da non sbattere contro gli alberi.
sarà che sono più giovane, e i miei bastoncelli son più gagliardi, oppure sarà che noi procioni siamo notturni.
Il mio cervello riordina le carte sulla scrivania:
sei in costume,
bagnata,
nel buio quasi totale,
con uno conosciuto un paio di ore fa,
senza portafoglio,
cellulare,
vestiti,
sigarette,
in un paese di cui non parli la lingua e distante mille km da chiunque tu conosca.

Bene, cervello incrocia le braccia e si appoggia allo schienale, direi che il tuo momento..
Panico cade dalle nubi: "chi? Io?! Oh si certo certo.." posa il mojito sulla scrivania di radica, cervello lo guarda con odio: il sottobicchiere è li accanto mannaggia a te...
Lo sento cercare di scalare lo stomaco, lanciare qualche cima cercando di aggrapparsi alla gola. impreca ubriaco.
ritenta.
Nulla, panico riesce a malapena a rigirarsi nello stomaco, il tanto che basta a scivolare maldestro e adagiarvisi sul fondo.
" mah a chesserve, riposo un oretta, per andare in panico c'è sempre tempo"
Panico si addormenta con il mojito in mano.
Camminiamo per quella che sembra un'ora, superiamo il mio ostello deserto, il villaggio silenzioso fino al suo bungalow, mi invita ad entrare per asciugarmi, rifiuto.
Si è dimostrato a posto, l'inglese dico, non mi suscita sospetto e non voglio riservagli un trattamento diffidente solo perché è un uomo.
Non è colpa sua se il mondo è pieno di merde.
Mi presta una maglietta e torcia in mano torniamo in dietro. Il percorso fatto al buio in 40 minuti lo bruciamo in 10 con il cuore in gola. Lui non aveva nulla di importante, solo 40 dollari e l'erba che aveva messo nella mia borsa... Per non perderli. Ironia.
Arrivati quasi alla spiaggia ci imbattiamo in un masso.
In centro al percorso.
Tutta la nostra roba
è lí.
Sul masso.
Ad attenderci.
Il mio portafoglio, cellulare, la sua erba i suoi soldi.
Tutto.
L'asciugamano e le mie ciabatte.
Mancano solo la torcia e la mia maglietta.
Scoppiamo a ridere leggeri come non mai, panico si sveglia nella mia pancia e torna a casa stanco, sapendo di aver perso un occasione.
Ci sdraiamo in spiaggia fumando, la via lattea ci striscia sopra raccontandoci la storia delle tenebre che lasciano spazio alle luci dell'alba.
L'indomani mi appresto a partire, seduta ad un bar del porto bevo un fruitshake.
Lo vedo passare e mi fa un cenno, si siede accanto a me "non lo più ritrovata la maglietta..." lui mi guarda dubbioso " la maglietta di ieri sera.." " ah perché che ti è successo ieri sera?"
Non è lui.
Non mi ricordo il tuo viso, non mi ricordo il tuo nome. Non capivo un quarto delle parole che dicevi, tanto da confondere un 34 per un 42 (anni).
Non so chi tu sia ma sei stato complice di una serata assurdamente onirica.
Grazie