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Settembre 2021 - Phnom Penh, hotel di quarantena obbligatoria

Vi sto scrivendo da una camera d'albergo, nulla di strano se non fosse che non posso uscire.
Sorridendo l'omino della reception ha detto che se esco deve chiamare la polizia. Che sorrideva l'ho dedotto dal tono visto che indossava la mascherina, la visiera protettiva e una tuta per il rischio biologico.
Se avessi vissuto questa storia due anni fa sarebbe stato assurdo anche solo scriverla, invece in poco tempo ci siamo abituati a questa nuova normalità.
Ma iniziamo dall'inizio.
La pandemia è scoppiata che ero a casa, nella foresta, e come è peculiare delle pandemie si è estesa ovunque. Tranne che qui in Cambogia, almeno non per il primo anno.
Qualcuno dice che sia per via del “sangue forte” dei cambogiani altri sostengono questa tesi assurda che non si possa trovare quello che non si cerca.
Di fatto i test positivi nel 2020 son stati nell'ordine delle centinaia. Molti barang (i bianchi) presi dal panico sono rimpatriati a gambe levate usando le costose scialuppe messe a disposizione dai loro paesi per abbandonare le navi che affondano, qui siamo rimasti noi e i ratti e abbiamo continuato a ballare perchè le navi cambogiane non affondano.
Forse perchè l'acqua è già bassa, o perchè sono già incagliate, da sempre.
I confini hanno chiuso e i turisti sono spariti e la città di Siem Reap è diventata d'un tratto piacevolissima. Silenziosa, economica e con pochi barang.
I villaggi si sono riempiti di giovani cambogiani tornati dalle famiglie, ce ne si accorge perchè in quel negozietto dove comunichi sempre a gesti o nel tuo stentato khmer adesso parlano inglese perfetto.

Mentre nel resto del mondo succedeva il delirio la vita in questa bolla eterna continuava imperterrita: Sveglia alle 6.40, lavoro fino alle 17, scimmie, pulire cacca, tartarughe, avvoltoi, scleri e altre scimmie. E pitoni, un sacco di pitoni. Tutto folle come sempre.
Vi faccio un riassunto del 2020:
Immaginatelo come una sequenza di scene di una telenovela, come quelle dei riassunti delle puntate precedenti ma a fine stagione, dove cercano di fare stare tutto quello che è successo nelle ventordici puntate precedenti:
Scoppia la pandemia – 
boss tedesco che sbarella e comincia a dare di matto –
Coñoman se ne va – 
Veterinaria nuova che dopo 3 mesi se ne va in lacrime – 
Boss ancora più sbarellato – 
Io e Cobraman facciamo il ruolo delle altre due persone mancanti - 
Nuova veterinaria che arriva – 
A fine anno non mi rinnoveranno il contratto – 
Nuova veterinaria scopre che è veterinaria e non assistente veterinaria come le avevano detto sarebbe stata, panico – 
Vengo spedita per tre mesi a Inculonia (Stung Treng) - 
Veterinaria nuova che se ne va dopo 3 mesi, in lacrime – 
Il Boss tedesco assume una persona per il ruolo di Coñoman che “lavora” dall'Olanda – 
Coñoman vuole ritornare – 
Boss tedesco annuncia che tra 8 mesi se ne andrà – 
Nuova (vecchia) boss che viene assunta come vice boss e torna dal Madagascar – 
Olandese che arriva, si scopre che le era stato promesso il ruolo del Boss, ma no - 
Mi sfracello in moto –
Boss tedesco che fugge 4 mesi in anticipo lasciando buchi nel budget –
Coñoman ritorna ingannato dal boss che ormai se né andato, ora suo malgrado è il veterinario – L'articolo che ho scritto per gli ultimi 6 mesi non verrà mai pubblicato perchè il mio capo è un coglione - BongTet si licenzia –
Moneyrat muore in un incidente in moto -
Coñoman e l'Olandese in rotta di collisione perchè lei è nel ruolo promesso a lui, e un altra è nel ruolo promesso a lei -
Io che nonostante aver lavorato per tre nell'ultimo anno e mezzo perdo il lavoro e la casa.

Se lo avete letto tutto di un fiato a velocità crescente ora avete un briciolo dello sbatti che ho avuto io.
Il perfetto finale di stagione sarebbe stato che andasse a fuoco tutto.
Ma magari.
Come se non ci avessi pensato.
Nel contempo nel resto del mondo succedeva il delirio, morti, lockdown, quarantene e zone rossoaranciogiallo e gente che, giustamente, non ci sta più dentro.

Detto questo il virus qui è arrivato che era ormai Aprile 2021, e io ero nella foresta. Stavolta una foresta di quelle che ci vogliono 3 giorni di cammino per uscirne, di quelle che ti serve il telefono satellitare e i machete. Partecipavo come consulente ad una spedizione di un mese divisa in tre tappe, alla terza tappa ero ormai isolata perchè, nonostante io fossi logicamente la persona con meno probabilità di essere infetta ero l'unica bianca, e come ben sapete il virus in Cambogia colpisce principalmente gli stranieri ( fu una delle linee principali della propaganda nel primo anno di non-covid). E quindi me ne stavo felicemente nel mio angolo di foresta finchè la spedizione è durata, poi ho dovuto trovare un pazzo che accettasse di trasportare una barang “infetta” per otto ore su un minivan fino a Siem Reap, dove mi son trasferita a vivere dopo aver perso il lavoro e la casa.
Ho convissuto cinque mesi con una ragazza di Mestre, avevamo un bell'appartamento con piscina condominiale in un tranquillo quartiere della città. C'era anche un gatto condominiale di nome Giangatto (immagino avesse anche altri nomi) e le giornate passavano tranquille scandite dalle notizie dell'avanzata del virus. Verso aprile l'appartamento si è affollato di un cane e due umani, uno del Bahrein e uno di Birmingham, il già noto Cobraman, che seguendo il mio buon esempio (coatto) ha mollato il lavoro al centro di recupero della fauna e si è trasferito in città (a casa mia, mentre ero nella foresta). Lui, a differenza di me non è stato licenziato ma si è dimesso sia perchè le condizioni di lavoro erano inaccettabili da troppo tempo, sia perchè ha trovato un nuovo lavoro nello zoo in costruzione alle porte di Siem Reap.
A maggio ci siamo trasferiti in una nuova casa, immensa. Si trova dalla parte opposta della città rispetto a prima, a nemmeno due chilometri dal complesso templi di Angkor wat.
A causa del lento declino economico che l'assenza di turisti sta causando a Siem Reap i prezzi delle case sono crollati e io, Puhmaa (il cane) e Cobraman ci siamo ritrovati con una casa di più di mille metri quadri a soli 550 dollari al mese. Ha tre camere da letto con bagno, due salotti, una sala da pranzo e una cucina. Ha anche una veranda con dondolo e una tettoia per parcheggiare al riparo dalla pioggia. La cosa più bella è il giardino, è rigoglioso e variegato e sembra una piccola giungla, con tunnel di liane e un piccolo gazebo rialzato dove abbiamo appeso le amache. C'è anche un laghetto con le carpe dove vivono anche le nostre vongole giganti cinesi. Il quartiere è molto tranquillo e a qualche minuto a piedi c'è un lago dove i bufali d'acqua vanno a bagnarsi e i ragazzi a fare i tuffi. Il cancello è sempre aperto e i bambini del vicinato giocano a palla sul nostro vialetto asfaltato, o si infilano in giardino per osservare i pesci o portarsi a casa le noci di cocco. Quasi ogni giorno Puhmaa va a fare amicizia con le mucche del vicino, che non sembrano ricambiare il sentimento, quasi ogni giorno Puhmaa torna coperto di cacca di mucca oppure con in bocca qualche cosa rubato ai bambini del quartiere. I bambini non sono molto contenti.
Sembra passata una vita ma son solo nove mesi che l'avventura iniziata quasi quattro anni fa è finita, il lavoro che mi ha convinto a lasciare tutto per buttarmi in quello che era il mio sogno saldamente sostenuto da un ideale. L’ideale non è cambiato e la crescente coscienza collettiva sembra sostenere quello che era chiaro a pochi da sempre, proteggere la biodiversità significa proteggere anche la nostra esistenza e non c’è più tempo di cazzeggiare come se avessimo l’intera eternità, finalmente sembrano averlo capito tutti a parte quelli che si ostinano aggrappati ad un sistema sociale ed economico che, nonostante chi dice il contrario non è mai stato sostenibile.

Adesso lavoro come consulente alle molte ONG e organizzazioni che lavorano per la salvaguardia dell’ambiente e della biodiversità, mi posso ritenere soddisfatta anche se nel retro della mia testa una vocina continua a suggerirmi che il mondo è grande e che è ora di andare, perché in fondo avrei dovuto fermarmi solo per quattro mesi.
Mesi o anni, che differenza fa.