CROCODILE SUSHI ROLL Episode 3


Il mio panino mi aspetta raffreddandosi lentamente sul bancone della cucina. Abbiamo circa quattro ore prima di dover tornare a lavoro e vogliamo passarle tutte e quattro sul divano.
Affondo i denti nel pane morbido e in due morsi sono a più di metà, di solito faccio la doccia prima di mangiare ma oggi farò un’eccezione.
O forse no.
Cobraman impreca e mi lancia il suo telefono, in sequenza formulo le seguenti osservazioni:
- Ma è una foto recente?
- Come cazzo se lo è tolto il nastro adesivo?
- Da dove è uscito e come?
- E sopratutto, cosa cazzo ci fa un coccodrillo in mensa?
- Svariate imprecazioni a numerose entità ultraterrene
Il panino non è nemmeno a metà dell’esofago che mi sto già rivestendo. A quanto pare c’è un coccodrillo in mensa, non sappiamo da dove arrivi e come abbia fatto a togliersi il nastro adesivo, e sopratutto non sappiamo quanti altri siano in giro visto che uno è riuscito a scappare.
Chiamo l’Inutile mentre saliamo in macchina, continua a squillare finché una voce femminile risponde “ il vostro amico ha lasciato il telefono al mio ristorante”
è possibile che questo abbia davvero una cazzo di laurea in Inutilità applicata, non ce la può fare.

Si è trovato un angolino tra il barbeque e la cisterna dell’acqua. E la guardia notturna che lo sorveglia si è fumato 10 paglie seduto sulle panche della mensa guardandolo, in una gara a chi batte le palpebre prima che non avrebbe potuto vincere.
Ci grattiamo la testa dubbiosi.
Chi cazzo è questo?
Le marcature sulla coda non combaciano con nulla, e il fatto che non abbia nastro adesivo sul muso, nemmeno un pezzetto, non quadra.
Li abbiamo tutti catturati nastrati e controllati oggi?
La risposta sarebbe si, se non dubitassi di me e dell’Inutile.
Decidiamo di farci ulteriori domande dopo averlo catturato, e questo avverrà quando l’inutile e Samnang arriveranno. Nel contempo ci uniamo alla guardia notturna e al suo torneo di Non-battere-ciglio.

Al terzo tentativo la corda si stringe attorno al muso e Samnang e Cobraman tirano con uno strattone, il rettile si spinge sulle zampe posteriori piroettando come un tornado di squame, la coda sbatte con fragore sul barbeque di metallo mandando in aria la griglia e dei mattoni appoggiati sulla base. Continua a roteare mentre fracassa un paio di cartoni a lato del suo tunnel, ora è in mezzo alla mensa che sibila iroso mentre Samnang mi passa la corda senza allentare la tensione e gli gira attorno seguito dalle pupille verticali del rettile che lo osservano con odio. Gli salta a cavalcioni e gli sigilla la bocca con le mani. In meno di mezzo minuto il coccodrillo è nastrato e avvolto nella stretta mia, di Samnag e Cobraman mentre ci incamminiamo verso il recinto. Lo rilasciamo nello stagno mentre Cobraman perlustra con una torcia tutte le possibili vie di fuga. Non ce n’è nessuna.
Di già stanchi e di nuovo sudati andiamo verso il negozio di souvenirs alla fine del parco, dove abbiamo sushirollato tutti i crocchi pronti alla partenza. Le porte di vetro sono chiuse e la stanza illuminata dalle torce elettriche risulta spettrale e minacciosa quando la luce rimbalza sulle pile di scaffali e espositori ammucchiati al suo interno. Gli involucri di bambù giacciono a terra e l’odore di rettile e guano appesta l’aria.
La stanza è calda e l’aria è stagnante e la maggior parte dei rotoli di bambù sono vuoti.
Degli occhi gialli scintillano da sotto un espositore con la scritta “Jelly Candy”.
I coccodrilli sono scappati.
Non tutti, alcuni si sono fatti strada fino a metà, e sono rimasti incastrati all’altezza delle spalle, come una sirena mostruosa, mezza coccodrillo mezza tapparella. Facciamo una conta veloce dei presenti, di quelli ancora assicurati dentro ai rotoli di bambù e quelli scappati.
Ne mancano cinque all’appello, e quattro sono sirene-tapparelle.
Questa giornata non finisce mai.
Come un tetris veramente poco divertente ci adoperiamo nel spostare il mobilio del futuro negozio di souveniers senza perdere alcuna appendice del nostro corpo, quello che possiamo lo spostiamo fuori e il resto cerchiamo di metterlo al sicuro, quando inizieremo la cattura ci saranno cinque tornado squamati a distruggere i costosi arredamenti, che non sono di proprietà del proprietario, ma molto peggio, sono della moglie, a cui appartiene la catena di negozi a cui lo spazio è stato ceduto.
I primi due vanno relativamente lisci e dopo aver de-sirenato i coccodrilli sirena e averli legati con cura con il doppio delle fascette e corde, ci apprestiamo a recuperare gli ultimi tre.
Il primo è infilato stretto stretto tra due banconi pesantissimi, e ogni volta che cerchiamo di spingerlo fuori scivola sempre più a fondo. Salgo sui banconi e con l’aiuto della canna di bambù riesco a infilargli la corda attorno alle fauci aperte. È in un vortice di caos che viene tirato fuori e immobilizzato in un batter d’occhio.
Il secondo è enorme ed è dietro la pila di scaffali di metallo dell’angolo opposto alla porta. “potremmo attirarlo con del cibo” propone l’inutile, che ogni due minuti esce a fumare sigarette come un ossesso. “ non è interessato al cibo, ma solo a starci lontano”. Sfortunatamente i coccodrilli possono non mangiare per mesi e l’unico modo per attirarli con il cibo è che non sappiano che li stiamo fregando. E lui lo sa, lo sa eccome.
La guardia notturna viene ad assistere allo spettacolo, ogni tanto indica cose e sorride, non so bene a che pro. È vecchio, puzza di birra e non sono sicura se non parli inglese o se non parli proprio.
Cobraman gattona sotto gli scaffali tra le gambe di metallo e verso le zampe posteriori del rettile, siamo abbastanza sicuri che non si possa girare, incastrato com’è. Abbastanza sicuri...
Cobraman afferra la coda e noi afferriamo i piedi di Cobraman e iniziamo a tirare, lo tiriamo verso di noi abbastanza forte e abbastanza veloce che il coccodrillo retrocede di qualche metro, abbastanza da poter accedere alla sua faccia dentuta da un’apertura ricavata spostando degli espositori. Adesso è ben incastrato con le zampe possenti che lo ancorano saldo nella sua posizione, la corda è attorno al muso e la sua scelta è tra tenere le zampe in questa posizione strategica e vincere il duello, oppure, rotolare nella speranza di strappare qualsiasi sia la cosa che ha tra i denti. Fortunatamente i coccodrilli non sanno che le corde si attorcigliano ma non si spezzano. Decide di rotolare e con uno sforzo immane lo trasciniamo fuori tra pezzi di arredamento che si fracassano.
È fatta, anche l’ultimo è andato, sospiriamo soddisfati, sudati e senza più nemmeno la forza per imprecare.
La guardia notturna sorride offrendoci la sua bottiglia d’acqua, nella quale galleggiano piccole alghe verdi. Rifiutiamo cortesemente, che ci manca solo la dissenteria per completare questa bellissima giornata.
Ci ritroviamo in mensa, a fumare sigarette e riprendere fiato. Io vado a farmi la doccia che avrei voluto farmi 4 ore fa, sapendo che le calorie di quell’hamburger gigante sono state utilizzate tutte fino all’ultima e che quello che mi rimane ora è stanchezza e una lunghissima notte ancora davanti.

Seguiamo nel buio il pick-up di Giames, il telone svolazza legato sul retro, sotto, i coccodrilli e le loro gabbie di bambù. Sono le tre e mezza e siamo partiti da poco più di un’ora. La notte è fonda e le strade senza illuminazione sono visibili solo nei pochi metri rischiarati dai fanali delle nostre auto. Ogni ora e mezza Giames si ferma per fumare una sigaretta e bere l’ennesimo energy drink, noi ci sgranchiamo le gambe. Cobraman è alla guida, e io ho preso molto sul serio la responsabilità di non farlo addormentare, commento i podcast che ascoltiamo e lo stresso con domande continue. Giames ha cercato di procurarsi dei walkie talkie per poter parlare tra le due macchine, ma ha fallito, come sempre. D’altronde non poteva venire meno al suo soprannome.
Non vedo l’ora che sorga il sole per sapere che finalmente siamo quasi arrivati, anche se quando verso le cinque la notte si fa meno scura sento tutto il peso delle quasi ventiquattro ore di lavoro sulle spalle.
Passiamo il ponte sulla Mekong che il sole si è appena affacciato all’orizzonte. Il ponte sale ripido sul fiume immenso e l’alba rischiara di colori tiepidi il cielo grigio, riflesso sulle acque appena sveglie.
Mi sono sempre chiesta perché le albe siano più timide dei tramonti. Ho assistito a mille e più tramonti riflessi sulle acque di questo fiume, che siano quelle turbolente della stagione della piena o quelle placide della stagione secca. I tramonti sono sempre esplosivi, come se il cielo andasse a fuoco di colori intenti a dare il meglio nel gran finale del giorno. Le albe sorgono in silenzio, in punta di piedi si incamminano verso il cielo, come a non voler disturbare nessuno.
Ormai il sole è alto e non mi va più di dormire, ho addosso quell’eccitazione sintetica delle notti in bianco. Lasciamo la strada asfaltata per una sterrata di terra rossa, i villaggi che passiamo sono via via più piccoli e le case di legno e lamiera sono intervallate da risaie in secca e foreste sparute. Arriviamo all’entrata di Siem Pang e prendiamo una strada secondaria, Giames lavora qui da anni e conosce ogni sentiero e scorciatoia. La strada si fa foresta appena passato il cartello che segna l’inizio dell’area protetta. Cobraman è troppo impegnato ad imprecare per godersi la bellezza della foresta decidua che ci circonda, la strada è poco definita e Giames ha un mezzo di trasporto adatto e salta buche e tira giù cespugli mentre noi, su questo SUV che finge di essere un fuoristrada rimbalziamo vittime degli ammortizzatori da città. Ogni volta che la macchina davanti si infila in una strettoia Cobraman stringe i denti e sente la voce del suo capo che gli chiede conto dei lunghi graffi bianchi che deturpano la carrozzeria della sua auto. A me non importa, ha voluto che portassimo i coccodrilli nella foresta? La prossima volta ci fornisca una macchina adatta.

Ci fermiamo a una stazione dei guardiaparco. Una veloce controllata alle bestie e lasciamo la nostra macchina, non adatta alla foresta, proseguendo tutti sulla macchina dell’inutile, dove siedo in un angolino sul sedile posteriore che è stato ricavato tra le mille borse e scatole che lo occupano. Sul retro salgono i ranger, sospesi tra le barre di metallo che formano delle panche, poco attenti a non pesare sui coccodrilli sotto di loro.
E così ci avventuriamo per altre due ore nella foresta, fatte di buche, torrenti, cespugli e sobbalzi. Io, Giames, Cobraman, il capo della forestale 15 coccodrilli e 5 ranger. Tutti sulla stessa macchina. Manco i pagliacci.

Continua...